La cultura motore di sviluppo economico: il caso “Sardegna”

Quanto valgono, in termini di PIL, i patrimoni culturali dei vari paesi? Fare questo calcolo solo sul “turismo culturale” è riduttivo, esiste anche, normalmente più significativo del primo, un beneficio di secondo livello che potremmo definire “pregiudizio positivo”. Abbiamo tutti una particolare simpatia, aprioristica, per la Grecia, I’abbiamo studiata a scuola come la culla della nostra civiltà. Qualcosa di simile accade per l’Italia: un turista straniero che abbia visitato Firenze e Roma, e che sia rimasto contento della sua esperienza, assocerà sempre all’Italia un’immagine positiva, comprerà vino o altri prodotti italiani anche a casa sua per rivivere un po’ quell’esperienza, acquisterà abiti italiani, perché rimasto affascinato dall’eleganza vista in Italia. Tutto ciò, per noi, si traduce in ricchezza.

Dal 2005 viene annualmente pubblicato “The Anholt-Ipsos Nation Brands Index”. Tale rapporto è basato su interviste a sessantamila persone, condotte complessivamente in venti paesi del mondo. Le domande sono suddivise in sei macro categorie: a) export (quanto il “made-in” di una nazione aumenta la percezione positiva del prodotto); b) governance (percezione dell’efficienza e del buongoverno pubblico); c) culture; d) people (sostanzialmente quanto la popolazione è giudicata “simpatica”); e) tourism (quanto si vorrebbe visitare quella nazione); f) immigration (desiderio di andarci a vivere). Il risultato porta a una classifica delle principali 60 nazioni al mondo. In testa ci sono, nell’ordine, Germania e Giappone. Penso che giochi a loro favore un’immagine di serietà, buongoverno e capacita tecnologica: oggettivamente, molti di noi sono disposti a pagare un premio per un’autovettura o un elettrodomestico prodotti in quei due paesi rispetto a quelli del resto del mondo. Al terzo posto c’è il Canada; probabilmente è vissuto come molto simile agli Stati Uniti, ma senza l’avversione che questi ultimi (che sono solo ottavi nella classifica generale) provocano in diversi abitanti del pianeta.

L’Italia è la quarta. Indipendentemente da quanto noi pensiamo di noi stessi, è consolante sapere che nel resto del mondo ci guardano con un notevole misto di simpatia, rispetto (e invidia, per la nostra qualità della vita). E un “pregiudizio positivo” che si traduce in ricchezza quando gli abitanti del resto del mondo debbono scegliere, per esempio, dove andare in vacanza, quale prodotto acquistare o da quale parte schierarsi, almeno in prima battuta, nel caso di una controversia internazionale.

Questa ottima informazione, però, non esclude che si possa fare molto di più. Ad esempio, in Italia sono forti le differenze territoriali: non tutte le regioni italiane riescono a valorizzare nella stessa misura la propria eredità culturale.

Venendo alla Sardegna, se pongo al lettore questa domanda: “Quale civiltà, contemporanea all’Egitto dei Faraoni, e durata anch’essa millenni, è stata tecnologicamente avanzata e ha avuto caratteristiche unitarie?”, ne immagino la risposta: la civiltà mesopotamica. Quasi corretto, anche se in Mesopotamia si sono alternati, mescolati e combattuti una pluralità di popoli diversi (sumeri, accadici, babilonesi, assiri, cassiti ecc.) mentre la civiltà egiziana fu unitaria. Poi? Quella greca? No, non è cosi antica e non fu unitaria, bensì molto frazionata fra le varie epoche. Quella Ittita? No, durò solo qualche secolo. E così, per un motivo o per l’altro, tutte le altre. E allora? L’antica Sardegna.

Stupore! Eppure, è un dato di fatto. L’Antica Civiltà Sarda durò oltre quattro millenni, fu coeva a quella dell’antico Egitto, sviluppò una grandissima capacità tecnica nell’architettura, nella metallurgia, nella navigazione, nella chirurgia… Fu una società demograficamente importante: al suo apice, nel secondo millennio a.C., la Sardegna raggiunse probabilmente cinquecentomila abitanti, molti meno dei quattro milioni stimati per I’Egitto dei faraoni, ma comunque in un mondo dove vivevano, nel complesso di tutti i suoi continenti, solamente cinquanta milioni di persone. L’importanza demografica della Sardegna, relativamente alla popolazione mondiale di allora, era più che doppia di quanto sia quella degli Stati Uniti d’America oggi! L’altare a gradoni di Monte d’Accoddi, molto simile agli ziggurat mesopotamici, e il più antico edificio di tutto il continente europeo: la sua costruzione iniziò settecento anni prima delle Piramidi… e non mancano tanti altri primati.

È evidente che I’Antica Civiltà Sarda non fu della stessa “magnitudo” di quella egiziana: i nuraghi non sono le piramidi, né le tombe dei giganti sono lontanamente paragonabili allo splendore delle tombe dei faraoni della Valle dei Re. Eppure, il livello proporzionale di conoscenza fra le due civiltà è molto più che commisurato alla loro importanza. 

Siamo onesti: I’Antica Civiltà Sarda non la conosce nessuno… sebbene non ne manchino le testimonianze: l’elenco completo dei “monumenti” (nuraghi, proto-nuraghi, templi, santuari, sepolture collettive, ccc.) noti e visitabili sono quasi ventimila. Prestigiosi archeologi hanno dedicato la vita a studiarli e vi sono decine e decine di qualificati testi scientifici sull’argomento. Ma la conoscenza di questa civiltà non ha mai, di fatto, varcato il confine ristretto del mondo degli specialisti. I monumenti sono pietre e le pietre, per affascinarci, ci debbono “parlare”. Gli antichi egizi lo fanno: i faraoni, gli scribi, i gatti sacri, gli dèi antropomorfi, le mummie, gli schiavi che costruirono le piramidi, i soldati sui carri da battaglia, e tanti altri, sono vivi e reali nella nostra immaginazione. Gli antichi sardi invece “non ci parlano”, non riescono, per il momento a trasmettere le emozioni, ad esempio, del racconto incalzante di una stele nel tempio di Luxor che racconta come un plotone di cadetti salvo Ramses Il nella battaglia di Qadesh.

È intuitivo il contributo che potrebbe portare all’isola un adeguato investimento sulla conoscenza e sulla fruibilità del suo immenso patrimonio culturale, soprattutto nel caso di una regione con sviluppata vocazione turistica. Il turismo sardo è, attualmente, solo balenare e quindi limitato nel tempo, un paio di mesi estivi, e nello spazio, solo le coste. E evidente quanto un turismo culturale farebbe varcare questi due confini ed essere trainante per ulteriori categorie di turismo (sportivo, ambientale ecc.). È altrettanto evidente che un investimento sull’immagine della Sardegna si tradurrebbe nel “pregiudizio positivo”, di cui al citato rapporto Anholt-Ipsos, per tutti i suoi prodotti. 

Sulla base di questi ragionamenti, un gruppo di amici (del quale faccio parte anch’io) ha creato un’associazione, volontaristica, che si chiama La Sardegna verso l’Unesco. L’obiettivo fondamentale è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sarda su quanta ricchezza potrebbe generare una valorizzazione della propria eredità culturale nonché di aiutare la classe dirigente a realizzarla, fornendole idee e progetti operativi.

Ad oggi, le azioni già intraprese dall’associazione sono state: 

La presentazione all’Unesco del dossier per ottenere il riconoscimento, come patrimonio dell’Umanità, della Civiltà Nuragica. Una cosa è essere convinti che I’Antica Civiltà Sarda abbia un enorme valore culturale, altra cosa è farselo certificare a un livello così prestigioso. Attualmente, fa parte dell’Unesco la sola Reggia Nuragica di Barumini, un imponente castello, e relativo villaggio, risalente al XVIII sec. a.C. (cioè a cinquecento anni prima che Agamennone assediasse Troia e che Mosè portasse gli ebrei fuori dall’Egitto). Lo sforzo in atto è di farvi includere altri trentuno siti di epoca nuragica, individuati come i più importanti da un comitato scientifico formato dalle Università e dalle Soprintendenze archeologiche sia di Sassari sia di Cagliari;

L’illustrazione ai sardi, e soprattutto ai giovani, della storia di quei quattro millenni, la quale non fa parte del programma scolastico. A tal fine un gruppo di volontari, in larga misura costituito da giovani archeologhi, sta sistematicamente facendo presentazioni agli studenti delle scuole medie, inferiori e superiori, di tutta le Regione, ma anche nelle Università della Terza età, nei circoli culturali, ecc. 

Il conferimento dell’incarico a una primaria società di consulenza internazionale, con particolare esperienza nel turismo, di mappare la situazione attuale, inclusa la conoscenza dell’antica Civiltà Sarda a livello europeo, di indicare le azioni e gli investimenti necessari per la sua valorizzazione, anche sulla base di esperienze altrui (cos’è riuscita a realizzare, in pochi anni, la Giordani rispetto a Petra!) e valutarne le potenziali ricadute economiche sul Pil della Sardegna. Tale lavoro sarà presentato in pubblico il 14 ottobre da parte di un panel di primarie personalità (tutti non sardi ma tutti amanti della Sardegna), in rappresentanza delle principali professioni da coinvolgere: giornalismo, cinema, turismo, cultura, consulenza direzionale; 

L’organizzazione, per il mese di novembre prossimo, di un congresso scientifico internazionale in cui importanti specialisti in varie materie (economisti, archeologi, ecc.) verranno in Sardegna per illustrare il loro punto di vista, oltre che, ovviamente, per conoscere meglio I’Antica Civiltà Sarda. 

Ho raccontato di questa iniziativa non solo perché mi affascina, ma soprattutto perché se qualcuno volesse contribuire con idee, relazioni ed esperienze, sarebbe più che gradito!

di Roberto Timo
Tratto dal suo articolo per la rivista “Libro Aperto” diretta dal Presidente dell’Abi Antonio Patuelli

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