Il pozzo sacro Sa Testa ad Olbia

Il pozzo sacro Sa Testa, ad Olbia, è “uno dei monumenti più caratteristici della civiltà nuragica in Gallura, nella parte nord-orientale della Sardegna: un pozzo sacro dove si svolgevano i rituali del culto dell’acqua

Fu portato alla luce negli anni Trenta del XX secolo, durante la ricerca di una fonte d’acqua. Non a caso il pozzo sacro sa Testa era luogo prescelto dalla civiltà nuragiche che abitavano il territorio gallurese per onorare le divinità delle acque. Oggi rappresenta un’attrazione di grande richiamo per gli appassionati di archeologia e, in particolare, della cultura nuragica. L’antico santuario, databile tra XV e XIII secolo a.C., si erge all’uscita dal centro abitato di Olbia e presenta una struttura lunga poco meno di diciotto metri, realizzata in granito, trachite e scisto, tagliati in blocchi accuratamente lavorati. La pianta esterna richiama la figura di una serratura a simboleggiare una porta tra il mondo dei vivi e quello dei morti. La struttura è composta da un cortile circolare, un vestibolo, un piccolo ambiente di raccordo tra cortile e pozzo e dai gradini che conducono al pozzo vero e proprio.

L’area del giardino di forma circolare, cui accederai attraverso un ingresso a nord, era dedicata ai riti collettivi del culto delle acque. La porta si apre su 17 gradini che conducono alla sorgente perenne che sgorga dalle profondità terrestri. Si accede al pozzo attraverso una pavimentazione di lastre di scisto con, nel mezzo, un canale di entrata che porta acqua dall’esterno verso i gradini del pozzo. Il pozzo è coperto in parte da architravi. La sua parte più sotterranea, ossia una camera circolare alta quasi sette metri, dove si raccoglie l’acqua, è coperta, invece, con una falsa cupola (a tholos). All’interno dell’area sacra furono rinvenuti importanti reperti, tra cui alcuni monili e un piccolo pugnale con un’elsa in bronzo, parte di statuetta forse infissa nei blocchi di pietra.

Le foto del pozzo sacro Sa Testa sono di: Gianni Sirigu, Francesca Cossu, Giovanni Sotgiu, Andrea Vitussi e Peppino Carrone

Condividi su