I porti nuragici

In un articolo pubblicato dall’Unione Sarda nel lontano agosto del 2017, l’archeologo Giovanni Ugas parla della marineria Shardana. Considero ammirevole la determinazione con cui Ugas sostiene la tesi di un’origine sarda degli stessi Shardana e il loro ruolo primario nella così detta “confederazione dei popoli del mare”. Tesi che personalmente condivido e che ugualmente condivideva Nicola Porcu, caro amico scomparso due anni orsono, sommozzatore professionista e già ispettore onorario della Soprintendenza per i beni subacquei. E’ ovvio che una marineria Shardana agguerrita come quella descritta da Ugas necessitasse di un numero notevole di scali portuali ed approdi, dislocati lungo le coste dell’isola e il considerevole numero di torri nuragiche poste a vedetta del litorale sardo ne è concreta conferma. E’ altrettanto interessante notare che <<in una pubblicazione sponsorizzata dal Ministero della Cultura Greca dal titolo “A tour in the Archaelogical Site of Delos” nella cartografia antica dell’isola di Delo, troviamo al punto n.10 l’indicazione “quartiere Skardanas” e in un’altra cartografia, vicino al quartiere Skardanas, è segnalato il toponimo “Baia “Skardanas”…>> (Nicola Porcu: “Hic Nu Ra, Racconto di un’altra Sardegna” – Carlo Delfino Editore 2013).

Sempre a proposito di portualità nuragica, Nicola asseriva d’aver rinvenuto le tracce di un insediamento portuale nuragico ai margini della spiaggia di Tuarredda (o Tuerredda). Era inoltre fermamente convinto che il porto fosse collegato all’interno tramite l’omonimo rio, oggi ridotto ai minimi termini ma che un tempo poteva presumibilmente contare su una portata idrica ben più consistente. A suo giudizio l’innalzamento della batimetrica aveva determinato la progressiva sommersione dell’approdo (tra l’altro presidiato dal nuraghe Tuerredda), ed era stato quindi ricostruito in epoca punica nella confinante baia di Malfatano. Anche quest’altra immensa struttura portuale, denominata porto di Melqart, verrà quindi sommersa dalle acque, mentre le rovine di un suo molo sono tuttora visibili sotto alcuni metri d’acqua. Procedendo verso ovest si trova infine Piscinnì, altro sito d’attracco che ancora conserva le tracce evidenti di una cava di pietra, anch’essa probabilmente utilizzata in periodo punico. Insomma, un breve tratto di costa che può considerarsi uno scrigno di tante affascinanti testimonianze storiche, immerse in un ambiente di rara bellezza.

Nelle foto: Il porto di Melqart, la spiaggia di Tuerredda e le cave di Piscinnì (Malfatano); Strutture nuragiche sommerse (OT Sub di Nicola Porcu); La mappa archeologica di Delo (arcipelago greco delle Cicladi).

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