Il nuraghe Orolo di Bortigali, “una delle meraviglie architettoniche dell’età nuragica, molto ben conservata, si issa su un rilievo del Marghine, territorio storico della Sardegna centro-settentrionale
Come una sentinella, issato sul bordo di un promontorio, a 785 metri d’altezza, alle falde del monte Cuguruttu, domina e controlla la valle del Tirso e tutto il Marghine. L’imponente nuraghe Orolo, simbolo del suggestivo borgo di Bortigali – celebre per squisiti formaggi e un mulino ad acqua ancora attivo – offre uno spettacolo di inusuale bellezza: dalla sua sommità il tuo sguardo abbraccerà una vasta porzione di Sardegna centrale, dalla piana di Macomer all’altopiano di Abbasanta, sino al Gennargentu. Lo raggiungerai agevolmente in auto dalla statale 131 uscendo al chilometro 149,5 al bivio per la frazione di Mulargia e proseguendo per pochi chilometri lungo la provinciale 62. Oppure lo potrai visitare a piedi come tappa del ‘sentiero Natura’, che parte dal paese (distante quattro chilometri dal nuraghe) e scala il monte Santu Padre.
Le condizioni del monumento, restaurato nel 1998, sono eccellenti! Un ancestrale scenario fa da contorno a una struttura architettonicamente elegante, realizzata con grandi blocchi di trachite ben squadrati e disposti su filari regolari. Il nuraghe è ampio e trilobato, ossia composto da una torre centrale (mastio) a due piani, dal profilo slanciato, alla quale, in epoca successiva alla nascita, è stato aggiunto, sulla fronte, un corpo bastionato che comprende due torri minori raccordate da una cortina muraria dall’andamento lievemente concavo. L’ingresso trapezoidale, ricavato al centro del bastione, è chiuso da un architrave con sovrastante finestrino di scarico e conduce in un andito coperto a piattabanda che ‘sfocia’ a sua volta in tre vie: frontalmente nella torre principale, a destra e a sinistra negli accessi alle torri laterali. Il corridoio è ricavato nella muratura, un’opera perfetta che non compromette la stabilità dell’edificio.
Il mastio, circolare con diametro di 15 metri e alto attualmente 14 metri (un tempo di più), è costruito con pietre di dimensione decrescente: i grandi massi appena sbozzati dei filari di base diventano gradatamente più piccoli e rifiniti verso l’alto. Dentro la torre principale visiterai due camere sovrapposte, al piano terra e al primo piano, entrambe coperte con tholos (falsa cupola) quasi intatte. La camera inferiore è circolare, alta sei metri e mezzo. La sua pianta è movimentata da tre grandi nicchie disposte a croce e quattro stipetti ricavati nella massa muraria, leggermente rialzati dal pavimento. A destra nell’andito che porta alla camera noterai l’elemento architettonico più caratterizzante: è la scala realizzata all’interno della spessa muratura e illuminata da sei feritoie realizzate al livello delle pedate per illuminare i 56 gradini (!), quasi regolari, che salgono con andamento elicoidale ai piani superiori e ti condurranno in relativa sicurezza alla sommità del mastio. Accederai alla sala al primo piano da un pianerottolo: è illuminata da un finestrone coronato da un poderoso architrave e presenta una pianta irregolare con tre nicchie e due pozzetti-ripostiglio, profondi tre metri. In una nicchia si apre una feritoia simile a una del nuraghe Santu Antine (Torralba), che riproduce una testa bovina. La tholos, in ottimo stato, è alta quasi sei metri. La scala prosegue sino al piano di svettamento dove individuerai i resti di una terza camera: in origine la torre aveva almeno tre livelli. Ai lati della principale, le due torri minori. Quella a destra, costituita da un ambiente circolare (cinque metri di diametro), si conserva per un’altezza variabile tra uno e cinque metri. Quella di sinistra presenta una sala ellittica con copertura a tholos del tutto integra. Intorno al monumento, in un’area di oltre duemila metri quadri, emergono tracce di una decina capanne circolari e rettangolari e di un antemurale che difendeva l’insediamento. I pochi frammenti ceramici rinvenuti forniscono indizi di frequentazione dell’area tra Bronzo medio e finale (XVI-IX secolo a.C.), con sporadiche attestazioni romane (fino al V secolo d.C.).
(da Sardegna Turismo)
Le foto del nuraghe Orolo sono di: Valentino Selis, Pietrino Mele, Lucia Corda, Marco Cocco e Gianni Sirigu.