Presidente, cosa significa puntare al brand “Sardegna, isola dei nuraghi”?
“Vuol dire avere chiaro in testa che abbiamo scelto di far conoscere la Sardegna nel mondo attraverso il racconto della unicità straordinaria e identitaria della nostra antica civiltà”.
Sino ad oggi non lo abbiamo fatto a sufficienza?
“Direi di no. Siamo abituati a raccontarci tra di noi quanto è importante il nostro patrimonio nuragico, ma non abbiamo mai investito risorse economiche importanti per tutelarlo, valorizzarlo e presentarlo al mondo. E’ come se avessimo in casa uno splendido diamante, ma avessimo scelto di tenerlo nascosto in una cassaforte. Oggi dobbiamo imparare a raccontare la realtà, il fascino, il mistero della nostra civiltà antica, ricordandoci che “ciò che non è conosciuto” nel mondo è come se non esistesse per cui non produce nessun beneficio per i sardi”.
Stiamo dunque pensando ad un progetto di turismo culturale?
“No, stiamo pensando a qualcosa di assai più ambizioso. Nessuno vuol negare l’importanza di flussi turistici nuovi e destagionalizzati, che sono sicuramente parte integrante del progetto. Il nostro obiettivo è però strategico per l’intera economia sarda perché mira a rappresentare un valore aggiunto di tutte le filiere economiche e non soltanto di quella turistica”.
Cioè, lei pensa che oltre agli archeologi e alle guide turistiche, altri ne potrebbero beneficiare?
“Certamente! E non penso soltanto ai ristoratori e agli albergatori. Penso che noi avremo bisogno di molte altre professionalità: dai restauratori, agli antropologi, dai genetisti, agli esperti di restauro. Ma anche ingegneri strutturisti e ambientali, esperti di marketing e di promozione, comunicatori e programmatori informatici, esperti di logistica e di intelligenza artificiale, l’elenco è pressoché infinito”.
Come immagina lo sviluppo futuro dell’Isola a partire dai nuraghi?
“Penso ad una nuova narrazione della nostra terra che la renda riconoscibile in tutto il mondo per il fascino della sua antica civiltà. In Sardegna immagino invece una rete pressoché infinita di percorsi, dove i monumenti più importanti trascinino quelli minori alla scoperta di un paesaggio che è unitario, mentre le offerte peculiari di ogni singolo territorio completano e caratterizzano la varietà del prodotto”.
Ci sono esempi, nel mondo, a cui guarda?
“Ci sono tanti luoghi, piccoli e grandi, che hanno moltiplicato la loro attrattività, proprio trovando l’elemento di unicità che li caratterizzi e li renda immediatamente identificabili. Senza scomodare l’Egitto, la cui straordinaria civiltà era ignota sino a qualche secolo or sono, basterebbe pensare all’Isola di Pasqua, uno scoglio di 135 kmq, con 9000 abitanti, che dista quasi quattromila chilometri dalle coste del Cile, eppure è famosa e conosciuta in tutto il mondo”.
Cosa ha la Sardegna che gli altri non hanno?
“Un patrimonio monumentale millenario che conferisce al nostro territorio un sapore antico e identitario che noi stessi troppo spesso sottovalutiamo. Nuraghi, tombe dei giganti, pozzi sacri, ma anche tutto il patrimonio preistorico sono testimonianze che in nessun altra regione del mondo sono concentrate in questa quantità”.
A che punto è il percorso avviato dall’Associazione per il riconoscimento Unesco dei monumenti della civiltà nuragica?
“Nel mese di novembre del 2021, la nostra istanza, su proposta del MIC, è entrata a far parte della “tentative list” italiana presso l’Unesco. Abbiamo lavorato come matti per due anni per condividere con tutti i sardi lo straordinario obiettivo che ci proponevamo. Nell’aprile di quest’anno abbiamo consegnato al MIC la stesura preliminare del dossier. Entro la fine di quest’anno saremo pronti con il dossier definitivo, per continuare il cammino della Sardegna verso Parigi. L’ingresso nel “patrimonio dell’umanità” sarà per la Sardegna un momento importantissimo perché certificherà il valore universale dei nostri beni”.
Perché questo progetto riguarda tutti i Comuni della Sardegna?
“Abbiamo la fortuna che il patrimonio nuragico è come l’agricoltura: è l’unica risorsa davvero presente in tutti i comuni della Sardegna. E’ dunque un’occasione unica per tenere uniti tutti i sardi intorno allo stesso obiettivo, senza dimenticare che le maggiori concentrazioni di monumenti nuragici non sono certo nelle grandi città, ma proprio in quelle zone interne che, soltanto costruendo nuove opportunità di sviluppo, possiamo davvero proteggere dallo spopolamento”.
Einstein Telescope e Civiltà nuragica: c’è conflitto tra innovazione e ricerca e valorizzazione della storia antica?
“Direi che è proprio il contrario! La nostra richiesta di essere sede di un centro di ricerca tra i più importanti del mondo, che potrebbe rivoluzionare in positivo la vita dei sardi, verrebbe infinitamente rafforzata dalla potenza evocativa dell’identità millenaria del luogo che chiede di ospitarla. Non siamo un “posto qualsiasi”, siamo l’Isola dei Nuraghi! La nostra storia antica si candida ad essere nuovamente protagonista negli scenari dell’innovazione”.
C’è qualche appello particolare che l’associazione vorrebbe rivolgere ai sardi?
“Sì. È la richiesta di non lasciarci soli. Stiamo lavorando ad un progetto talmente grande e importante che assomiglia a un sogno. Andremmo avanti soltanto se tutti i sardi saranno uniti, nessuno deve restare indietro, ciascun sardo può e deve fare la sua parte. Ricordiamoci che questa volta in gioco non c’è soltanto il benessere di una singola comunità territoriale, ma c’è una prospettiva entusiasmante per il futuro dell’intera Isola”.