Sul significato della parola “nuraghe”

Il significato della parola “nuraghe” è stato oggetto di svariate interpretazioni, tra cui quelle che vi proponiamo qui di seguito.

Il canonico Giovanni Spano (Ploaghe, 3 marzo 1803 – Cagliari, 3 aprile 1878) sosteneva che il termine potesse derivare da “Nur”, che “in tutte le lingue orientali significa ‘fuoco’, ed è lo stesso che dire ‘casa’ o ‘abitazione’, perché vi si accendeva il fuoco per usi domestici…” (“I nuraghi in Sardegna” – anno 1867).

Il professor Giovanni Ugas ipotizza, a sua volta, una derivazione da Norax o Norace, eroe degli Iberi-Balari. Prima ancora, il nostro massimo archeologo, Giovanni Lilliu, riteneva che la radice Nur fosse di origine prelatina e assumesse il significato di “mucchio di pietre, mucchio cavo”.

Il glottologo Salvatore Dedola ritiene, invece, che tale lemma assuma il significato di “luogo del Dio Sole, luogo del Fulgido Creatore”; e a tale proposito richiama in particolare la tradizione egizia, dove “Ra” era appunto la massima divinità solare, mentre dall’accadico proverrebbe la parola Nur = luce.

Da ultimo, è interessante richiamare la scritta incisa sull’architrave del nuraghe Aidu Entos di Bortigali, dove si legge “ILI IVR IN NVRAC SESSAR M C”, che probabilmente attestava i diritti degli Ilienses del Nurac Sessar. Si tratta, in particolare, di una delle testimonianze più antiche del nome dato alle torri sarde.

Nelle foto, i nuraghi: Goni di Goni (Bibi Pinna); Piriccu di Santulussurgiu (Giovanni Sotgiu); Ponte di Dualchi (Gianni Sirigu); Piscu di Suelli (Marco Secchi fotografia); Crabia di Bauladu (Pietrino Mele); Aidu Entos di Bortigali (Nicola Castangia).

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