In una sua descrizione del nuraghe Su Mulinu di Villanovafranca (I Tesori dell’Archeologia a cura di Alberto Moravetti), l’archeologa Lavinia Foddai scrive in particolare che questo monumento “situato sul rilievo collinare che domina il corso del rio Mannu… è stato scavato per la prima volta negli anni Sessanta del Novecento da Giovanni Lilliu e successivamente da Giovanni Ugas… Il sito, frutto di tre distinte fasi costruttive, comprende un nuraghe complesso provvisto di antemurale ed un vasto villaggio. Alla fase più antica (Bronzo medio I, XVI-XV sec. a.C.) risale un edificio, di impianto non ancora definito, circondato da una cinta muraria a sviluppo radiale caratterizzata da corridoi e celle con chiusura ad ogiva gradonata. In una seconda fase (Bronzo medio II, XIV se. A.C.) all’edificio più antico viene aggiunto un bastione trilobato a profilo concavo-convesso (m.21×22), che nel piano inferiore presenta diverse cellette ellittiche e brevi corridoi dalla sezione tronco-ogivale, mentre l’articolazione dei vani del piano superiore risulta ancora di difficile lettura. 

Al bastone viene aggiunto un nuovo antemurale, costituito da cortine rettilinee che inglobano quattro torri circolari, mentre nell’area circostante si sviluppa un vasto insediamento più volte ristrutturato nel corso del tempo. La terza fase (Bronzo recente, XII sec. a.C.) si caratterizza per alcune importanti modifiche: la realizzazione di un nuovo bastione e di un’ulteriore torre circolare, la cosiddetta torre E, e la ristrutturazione dell’antemurale esterno con la costruzione di una nuova torre provvista di feritoie (torre F) e di cortine rettilinee. 

Lo scavo del vano E, situato nel livello inferiore del bastione, ha consentito la scoperta di un eccezionale altare in arenaria (fine IX-VIII sec. a.C.), di un bancone-sedile e di due focolari rituali che attestano la trasformazione del nuraghe in luogo di culto. L’altare, che ripropone lo schema di pianta e l’elevato del bastione della fortezza, è formato da tre elementi sovrapposti ed è provvisto di canale e di vasca nei quali defluivano i liquidi versati in una conca realizzata sulla sommità.

Le superfici dell’altare erano coronate da oggetti di bronzo, forse lunghi stocchi, mentre sotto la riproduzione del coronamento del terrazzo è scolpito in rilievo un motivo a ‘crescente lunare’. La vasca-altare si ricollega alla celebrazione, nel nuraghe, di riti sacri che prevedevano un’articolata liturgia basata sul sacrificio di animali e sull’offerta di manufatti votivi. Le cerimonie, riconducibili alla sfera della fertilità agro-pastorale, potevano accompagnare sia l’iniziazione dei giovani che superavano l’età puberale che di coloro che entravano a far parte di un gruppo socialmente elevato. L’arrivo dei cartaginesi (fine del VI se. A.C.) provoca un nuovo abbandono del sito e l’interruzione dei rituali sacri, che però riprendono e perdurano nel corso dell’età romana (seconda metà del I sec. a.C. – prima metà del I sec. d.C.), quando l’elemento superiore dell’altare nuragico, provvisto di colatoio, viene rimosso e sostituito da un muretto in pietra e malta”. Presumo che la dottoressa Foddai, richiamando la “trasformazione del nuraghe in luogo di culto” (fine IX-VIII sec. a.C.), abbia voluto intendere un suo precedente e differente utilizzo (forse come fortezza o almeno così mi è parso di capire). Tuttavia a quest’ultima ipotesi, sicuramente legittima, se ne potrebbe contrapporre un’altra, altrettanto ragionevole, che attribuisce al complesso di Su Mulinu un uso sacrale “ab origine”. 

La realizzazione dell’altare e degli altri annessi si configurerebbe quindi come una sorta di ri-arredo dello spazio in cui si svolgevano le cerimonie religiose che poi proseguiranno nei secoli successivi. La sovrabbondanza delle torri che caratterizza il complesso, come ben descritto dalla dottoressa Foddai, non confligge peraltro con un tale uso, perché l’area cerimoniale necessitava sicuramente di altri spazi “accessori”, analogamente a quanto avvenuto nell’edilizia religiosa, con particolare riferimento a quella cristiana, quando i primitivi ed “essenziali “ luoghi di culto” sono stati soppiantati nel tempo da chiese e basiliche sempre più imponenti ed articolate.

Le foto del nuraghe Su Mulinu di Villanovafranca sono di Antonello Gregorini e Bibi Pinna.