“Solino, attingendo a Sallustio, afferma –e Isidoro ed altri ripetono- che le acque sono una benedizione per la Sardegna: in certi luoghi pullulano fonti d’acque calde, miracolose per i loro effetti terapeutici, particolarmente efficaci per la cura degli occhi. Sugli occhi poi hanno anche un altro effetto: chi è sospettato di furto viene sottoposto alla prova dell’acqua, cioè a un lavacro degli occhi; se è innocente gli si aguzza la vista; se è colpevole diventa cieco…”
Questo brano è tratto dal libro di Raffaele Pettazzoni “La Religione Primitiva in Sardegna”(1912), in cui il grande storico delle religioni parla dell’”ordalia” (giudizio di Dio), in uso anche presso le antiche popolazioni sarde.
Il tema dell’ordalia verrà ripreso anche da Dolores Turchi nel libro “Lo sciamanesimo in Sardegna”: “…Sappiamo dalle fonti antiche che in Sardegna chi commetteva determinati furti veniva smascherato per mezzo dell’acqua, capace di accecarlo se non diceva la verità.
A questo tipo di ordalia, praticata previo giuramento, accenna Solino il quale scrive che in Sardegna vi erano delle acque prodigiose nelle quali erano costretti a lavarsi gli occhi coloro che erano accusati di furto”…Poiché sappiamo che non esistono acque capaci di simili prodigi, è chiaro che queste venivano manipolate da persone esperte, presumibilmente da sacerdoti sciamani che ben conoscevano le proprietà di alcune erbe.
Chi ordinava questo tipo di ordalia doveva aver immesso delle sostanze tossiche nell’acqua tratta da un pozzo sacro come quello di Su Romanzesu, presso la cui gradinata doveva svolgersi il processo e il giudizio dell’imputato.
Queste, a seconda della quantità, potevano provocare la cecità, anche soltanto temporanea, in modo da indurre il colpevole a confessare…”. g.v.
In allegato: il complesso cultuale di Romanzesu a Bitti (ph. Nicola Barbicha Tornello, Marco Secchi e Bibi Pinna); i templi a pozzo di Funtana Coberta a Ballao (ph. Gianni Sirigu, Marco Secchi, Sergio Melis, Andrea Mura-Nuragando Sardegna e Giovanni Sotgiu) e Su Tempiesu di Orune (ph. Nicola Castangia e Pasquale Pintori).