Un santuario nuragico sui pendii del Gennargentu, nella Sardegna centro-orientale, racconta spiritualità, architettura e attività quotidiane delle genti di tremila anni fa
Un popolo che viveva in simbiosi con la natura, che esprimeva la sua spiritualità con il culto dell’acqua e capace di affinare con sempre maggiore disinvoltura l’arte di lavorare pietre e metalli. Tra Ogliastra e Barbagia, nel territorio di Villagrande Strisaili, la vallata di riu Pira ‘e Onni accoglie un complesso archeologico intricato e affascinante, con caratteristiche ascrivibili alla civiltà nuragica, si chiama s’Arcu ‘e is Forros, simbolo della progressiva evoluzione delle facies culturali dall’età del Bronzo a quella del Ferro e dei molteplici rapporti con civiltà extra-isolane.
È un villaggio-santuario, costruito su un antecedente insediamento di capanne, in una porzione di terra delimitata da due torrenti. All’interna dell’area sacra e abitativa sono compresi tre templi, due isolati di capanne e, poco distante, un nuraghe trilobato.
Il tempio principale, a megaron, è lungo 17 metri, fatto di granito e scisto e articolato in quattro ambienti. Lo circonda un temenos, ovvero un recinto sacro, dotato di panchine ricavate alla base del muro perimetrale, probabilmente usate per la sosta dei fedeli o per la deposizione di offerte. La stessa funzione doveva avere uno zoccolo in pietra nelle pareti interne. Sul lato occidentale corre una canaletta alla quale si collega un’apertura rettangolare, utile a far defluire le acque dei rituali. Il secondo tempio è del tutto simile, compreso il temenos, ma più piccolo, custodiva un altare in blocchi squadrati di materiale e colore diverso, basalto e trachite, non tipici della zona, perciò appositamente importati. Due protomi di ariete erano scolpiti in altorilievo nei conci frontali, mentre i quattro conci superiori che sorreggevano il focolare sacro sono stati lavorati in modo da richiamare le torri nuragiche. L’altare è stato in buona parte rimosso ed è custodito nel museo archeologico di Nuoro.
La parte abitativa e artigianale del complesso comprende due ‘isolati’, ossia gruppi di edifici che si aprivano su un cortile circolare con focolare al centro. Nel maggiore, oltre alle case erano presenti officine con forni per fondere il piombo e recuperare i metalli dalle offerte votive. Erano probabilmente forni anche le due strutture circolari che osserverai vicino al primo tempio, ossia due piccole torri con apertura alla base. Questi ambienti, cui si aggiunge un forno a camino rinvenuto nel terzo tempio, rendono s’Arcu ‘e is Forros il più importante centro metallurgico nuragico finora rinvenuto in Sardegna e testimoniano l’intima connessione tra tecnologia e sacralità: i metalli venivano usati per realizzare manufatti votivi da conservare nei templi. I reperti rinvenuti nell’area, tuttavia, non erano soltanto produzioni autoctone, tra i numerosi e preziosi ritrovamenti – metallici e non – molti provenivano da Etruria, Grecia e vicino Oriente, prova dell’intensità di contatti e traffici commerciali con gli altri popoli del Mediterraneo. (Sardegna Turismo)
Le foto del complesso nuragico di S’Arcu ‘e is Forros sono di Maurizio Cossu, amico, grande testimone della Civiltà Sarda, ma che purtroppo non è più tra noi.