“Il complesso archeologico di Romanzesu è uno dei principali insediamenti abitativi e cultuali dell’età nuragica. Costituisce un santuario federale nuragico, secondo la definizione coniata dal grande archeologo Giovanni Lilliu, ossia un luogo di culto frequentato da comunità di villaggio anche distanti tra loro. Generalmente dedicati al culto delle acque, questi santuari erano incentrati sulla presenza di edifici sacri di differenti tipologie (templi a pozzo, templi a megaron). Si suppone che nell’edificio principale del villaggio si riunissero in assemblee federali i clan più potenti della Sardegna centrale per consacrare alleanze o per decidere guerre. Le strutture comuni erano organizzate in modo da far convivere momenti di festa religiosa e di festa civile, il mercato con l’assemblea politica. Il villaggio santuario di Romanzesu, che si estende per circa sette ettari all’interno di un fitto bosco di sughere, comprende diverse strutture per il culto ed un centinaio di capanne…” (dal sito Mibact).

Questo straordinario complesso archeologico, ubicato in territorio di Bitti, è ampiamente descritto in un lungo articolo, a firma di Maria Ausilia Fadda, pubblicato nell’edizione Marzo-Aprile 2017 di “Archeologia Viva”. Da questo articolo abbiamo estratto alcuni brani esplicativi:

“ La nascita dell’insediamento, risalente all’età del Bronzo medio (1500 a.C.), venne favorita da un’abbondante vena sorgiva, intorno alla quale, durante il Bronzo finale (1200 a.C.), i nuragici costruirono un tempio a pozzo dedicato alla divinità dell’acqua.”…”Quando l’acqua tracimava oltre il gradino più alto del pozzo, veniva fatta scorrere attraverso due piccoli bacini intermedi provvisti di sedili a gradoni, per essere convogliata infine in una grande vasca semicircolare sempre circondata da gradinate, che i pellegrini occupavano durante le abluzioni religiose e per assistere ai riti ordalici. La sacralità del pozzo era contrassegnata da tre betili ortostatici (posti per dritto –ndr) ai lati dell’ingresso.”…”Intorno al pozzo sacro si conservano diverse capanne circolari di uso abitativo con grandi focolari centrali e sedili in granito lungo la circonferenza “…”…” durante il Bronzo finale (1200 a.C.) il villaggio di ‘Romanzesu’ acquisì funzioni di santuario, documentate da tre templi a ‘megaron’ e da un’area cerimoniale subellittica con i resti dei muri concentrici che delimitavano un passaggio labirintico per i pellegrini. Tale passaggio conduceva a una capanna con pavimento lastricato e basamento circolare al centro, che doveva sostenere un modello di nuraghe –di forte valore simbolico- o altri oggetti liturgici a uso del sacerdote stregone.”…”In prossimità dell’area cerimoniale si conserva il tempio a ‘megaron ”…”nella parte più periferica dell’abitato, in un terreno con affioramenti di roccia granitica, nelle fasi finale dell’età del Bronzo (1200 a.C.) gli abitanti del santuario edificarono un altro piccolo ‘megaron’, anche questo di tipo doppio ‘in antis’, adattandolo all’accidentata morfologia del luogo.

L’area esterna venne livellata con lastre di granito e delimitata da un recinto sacro (temenos) per raccogliere i pellegrini”…”A monte del tempio a pozzo, sotto i muri a secco di un terreno adibito a pascolo, è stato scoperto un terzo tempio a ‘megaron’”…”Nelle fasi finali dell’età del Bronzo (1200-1000 a.C.) il tempio a ‘megaron’ subì dei cambiamenti, forse in seguito a trasformazioni dei rituali religiosi ispirati da influenze culturali esterne alla Sardegna. L’ingresso e il breve corridoio d’accesso vennero chiusi e all’interno del sacello trasformato in ‘heroon’ (edificio sacro dedicato a un eroe – ndr), a oltre un metro e mezzo di profondità, furono sotterrate quattro punte di lancia in bronzo, dei grossi puntali sempre in bronzo, alcuni piccoli pugnali, spilloni e frammenti di lingotto ‘ox-hide’.”…”La trasformazione dell’antico edificio templare in ‘heroon’ portò anche alla costruzione di un secondo piccolo ‘temenos’, senza ingressi, in corrispondenza del lato corto del sacello. Questo recinto conservava a sua volta un ricco deposito votivo composto da pugnaletti, spilloni, vaghi di collana, braccialetti a fascetta, pendenti in bronzo, fibule in frammenti ad arco ribassato e a sanguisuga, anelli, vaghi in pasta vitrea e frammenti di lingotto.”…”Ma la parte più preziosa e singolare del deposito era composta da ben centotrentuno elementi di vaghi d’ambra. Addirittura un vago conserva il filo della collana. L’eccezionale ritrovamento di vaghi d’ambra in un contesto santuariale dell’età del Bronzo, in uno dei territori più interni della Sardegna, ha destato grande interesse, anche al fine di ricostruire le linee di traffico che resero possibile l’arrivo della preziosa resina fossile in territori così difficili da raggiungere. Il santuario di ‘Romanzesu’, nonostante l’importanza che aveva avuto per molti secoli, viene abbandonato intorno al VII sec. a.C. senza percettibili sintomi di crisi…”.

Le foto del santuario sono di Nicola Barbicha Tornello, Beatrice Auguadro e Alberto Valdès.